Inizia la cripto-rivoluzione

Il varo del regolamento Mica punta a normare il mercato europeo delle blockchain in valuta virtuale.
Non mancano comunque le critiche

Asset digitali, l’Europa si prepara ad adeguarsi. Lo scorso 20 aprile il Parlamento europeo ha dato il via libera al regolamento Mica (acronimo di Markets In Crypto-Asset) che è in corso d’approvazione al Consiglio europeo per essere poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Dalla conclusione dell’iter normativo i 27 Stati dell’Unione avranno 18 mesi di tempo per rendere le nuove norme operative a livello nazionale. L’obiettivo è creare un quadro regolamentare omogeno in tutta l’Unione europea e che possa tutelare al meglio l’investitore finale. Ma c’è ancora tanta strada da fare all’interno di quella che, sino ad oggi, è parsa una sorta di ginepraio o di giungla. L’opinione degli operatori sul nuovo regolamento Ue non è univoca: c’è chi plaude all’iniziativa e chi ritiene che si sarebbe potuto fare di più. L’approdo del Mica è un primo passo importante nel passaggio obbligato verso un futuro sempre più digitale, ma non sono pochi gli esperti che chiedono maggiore precisione nelle norme e più coraggio da parte dei legislatori europei, che secondo alcuni si sarebbero limitati a fotografare la situazione vigente invece di intervenire in maniera decisa.

Ma chi e cosa sarà soggetto a Mica? Innanzitutto ci sarà la classificazione di tutto quello che può essere riconducibile ai crypto-asset. Le nuove norme impongono una serie di obblighi a carico delle società che forniscono servizi in asset digitali ed introducono diverse responsabilità in capo agli emittenti di tali servizi. Per una maggiore tutela degli investitori, Mica introduce il principio di separazione patrimoniale per tutti gli operatori che prestano servizi in crypto-asset. In sostanza, dunque, i capitali dei clienti dovranno essere ben distinti da quelli del fornitore e dovranno essere attribuiti ad uno specifico indirizzo sulla blockchain.
Le crypto-asset vengono classificate dal regolamento Mica in tre distinte tipologie: Electronic Money Token (Ert), Asset Referenced Token (Art) ed Utility Token. Le prime due categorie includono le cosiddette stablecoin, ovvero quelle monete virtuali che puntano a mantenere stabile il loro valore. Con una differenza sostanziale: gli Ert sono legati a una moneta sovrana (i più comuni sono dollaro USA, euro, sterlina britannica, franco svizzero e yen giapponese); gli Art sono legati ad un paniere di asset differenti che comprendono tanto valute reali quanto commodities virtuali. Nell’ultima tipologia, ovvero quella degli Utility, rientrano tutti quegli asset che non sono classificati come Ert e Art. Non ricadono sotto la giurisdizione Mica gli NFT e la DeFi. I primi sono dei token non fungibili ossia i certificati riguardanti le opere digitali: per questa tipologia resta in vigore quanto stabilito dall’ESMA; i progetti di condivisione (DeFi) e le criptovalute che vi si appoggiano sono invece soggetti al controllo EBA.

Oltre a NFT e DeFi, neanche il famoso/famigerato bitcoin è intercettato da Mica, a differenza delle altre criptovalute che invece rientrano nella tipologia delle Utility Token. Questo perché il bitcoin non ha un emittente chiaro e distinguibile all’interno delle società del settore, dunque si disciplinano i servizi ma non la moneta virtuale non tracciabile. A sottostare al nuovo regolamento europeo sono i soggetti che utilizzano le blockchain per offrire servizi finanziari, non altri soggetti. Ed anche questo è un aspetto che espone Mica alle critiche di vari esperti del comparto che avrebbero preferito una maggiore rete di sicurezza tanto per gli operatori quanto per i clienti.

Mica prescrive anche obblighi per operatori del settore, che siano exchanger o piattaforme che forniscono servizi in crypto-asset. Per tutti loro è richiesta la registrazione presso l’autorità competente del Paese in cui operano. Tale autorizzazione potrà anche essere esportata a livello europeo una volta completate le relative procedure di normazione nei 27 Paesi dell’Unione. Inoltre, gli emittenti di Utility Token sono tenuti a redigere uno specifico documento, il White Paper ossia l’equivalente del prospetto informativo nel mondo dei classici investimenti: questo documento dovrà essere notificato alle autorità competenti contenendo una serie di informazioni quali l’illustrazione del progetto d’investimento, il tipo di crypto-asset e la descrizione della società. Per emettere Asset Referenced Token le società dovranno ottenere una specifica autorizzazione, che può essere negata in caso di minaccia alla stabilità finanziaria tramite meccanismi di difesa del sistema reale. Anche gli operatori che forniscono servizi di custodia dovranno farsi rilasciare una specifica autorizzazione, a meno che non si tratta di soggetti già vigilati dagli istituti centrali nazionali in funzione di soggetti autorizzati alla compravendita di titoli ed obbligazioni – in tale elenco si comprendono le banche classiche, i servizi di intermediazione finanziaria ed i broker registrati. Tutto ciò è un primo passo incoraggiante ma è indubbio che nel giro di qualche anno Mica richiederà un robusto aggiornamento in seguito alle osservazioni che stanno già giungendo e che, c’è da scommetterci, si aggiungeranno una volta che il funzionamento del regolamento europeo diverrà stabile.

di Federico Bettuzzi