Retention bonus, sì o no?

L’uso dei retention bonus, ovvero quei pagamenti in contanti offerti ai dipendenti come incentivo a rimanere sul posto di lavoro fino a una data specifica o al raggiungimento di un preciso traguardo, è ai massimi storici, con quasi il 60% di aziende che lo adottano.

Per chi

Questi bonus sono generalmente offerti a coloro che ricoprono un ruolo chiave oppure che hanno dimostrato ottime prestazioni. Possono essere utili per incoraggiare i dipendenti a rimanere durante una fusione o un’acquisizione o nel completamento di un progetto aziendale importante e sono validi anche per trattenerli in un mercato in cui c’è scarsità di talenti o un elevato turnover.

Il lavoro a distanza potrebbe essere un altro fattore che determina l’aumento dell’uso dei bonus di permanenza poiché dopo il Covid la cultura aziendale e i legami di amicizia professionale si sono indeboliti. Esistono dei “però” da prendere in considerazione: di fatto non è dimostrato che aumentino l’impegno o la fedeltà nel lungo termine, anzi, c’è il rischio reale in cui il rapporto tra dipendente e datore di lavoro passi da partnership a rapporto transazionale, in cui il lavoratore si sente voluto solo per un determinato tempo o solo in relazione a specifici progetti, non a prescindere.

Oltretutto, pare che la stragrande maggioranza di coloro che ricevono il retention bonus, se ne va comunque. In più questa strategia rischia di creare un divario di iniquità tra coloro che ricevono il bonus e gli altri, che prendono le distanze e non si sentono apprezzati.

L’efficacia

Per utilizzare i retention bonus in modo più efficace, che non crei tensione ma permetta di ottenere benefici aziendali, gli esperti raccomandano alcuni accorgimenti. Prima di tutto pensare in modo strategico. Non sempre questo bonus è la soluzione migliore: quando si offre un retention bonus, automaticamente si esplicita al dipendente una data di scadenza.

È quindi necessario chiedersi: “Qual è il rischio di abbandono al temine dell’attività? Pagare per trattenerli ridurrà tale rischio?” Se il turnover è dovuto a una retribuzione di base inferiore al mercato, i retention bonus non sono la soluzione: bisogna aumentare la retribuzione base. Se si intende dare un riconoscimento a risultati eccezionali, è preferibile concedere al dipendente un bonus una tantum, mentre per trattenere i dirigenti di alto livello si potrebbe valutare la concessione di azioni vincolate che maturano nel tempo.

Indicare chiaramente come accedere al bonus ed esplicitare le regole di utilizzo è importante per mantenere equità ed evitare favoritismi, oltre che eventuali tensioni dei lavoratori che scoprono del bonus come voce di corridoio, interpretandolo come un metodo poco trasparente di premiazione: le persone possono anche non gradire, ma lo rispetteranno di più se verranno a conoscenza del programma di retention bonus direttamente dai manager.

Top performer

Importante anche non farsi abbagliare dai top performer che creano però tensioni nel team: la migliore strategia è lasciarli andare, piuttosto che premiarli con retention bonus che diventano un cappio al collo per il datore di lavoro, che viene minacciato di vedersi abbandonato se non ne concede altri e via dicendo: se la retribuzione è basata sulla paura e sul ricatto non avrà un lieto fine.

Insomma, a ogni situazione il suo incentivo: se usati in modo strategico, i retention bonus sono un efficace strumento economico a breve termine ma bisogna non abusarne e tenere conto che esistono molti altri modi oltre a quello economico per trattenere un lavoratore e renderlo orgoglioso di far parte dell’azienda.