L’IMPORTANZA DI FARE RETE

A Bruxelles le delegazioni di UniVerso e CAST propongono un modello di lavoro di squadra.
Nello sport così come nel mondo imprenditoriale

“Fare squadra”. Ma anche network, lavorare in gruppo, cooperare: sono, se vogliamo, tutti sinonimi di un metodo, quello della condivisione e della redistribuzione tanto degli oneri quanto degli onori.
Questo metodo si chiama consorzio d’imprese e negli ultimi anni ha vissuto uno sviluppo molto particolare soprattutto all’ombra della galassia sportiva italiana.
Cosa c’entra lo sport con l’economia?
Piccolo balzo nel passato: un tempo le società sportive, da quelle strettamente locali a quelle d’importanza nazionale, si reggevano in larga parte sul mecenatismo, cioè sulla disponibilità economica del singolo industriale. Tanto l’imprenditore di turno era innamorato di una disciplina, altrettanto cercava di contribuire attingendo alle proprie disponibilità per sponsorizzare o addirittura acquistare una società agonistica.
Quei tempi però sono tramontati. I cambiamenti della geografia economica, la delocalizzazione, la diversificazione, la globalizzazione, le ondate di crisi, l’estrema volatilità dei valori azionari e (non neghiamolo) anche qualche cocente delusione patita qua e là hanno fatto fuggire decine di mecenati che hanno preferito troncare il cordone ombelicale, per cambi di strategia oppure per preservare l’azienda a scapito del passatempo. Da allora nuove strade sono state battute ed una di queste, il consorzio d’impresa, ha raccolto riscontri particolarmente positivi.

LA PASSIONE COME COLLANTE
Aderire ad un consorzio d’impresa in ambito sportivo non è difficile, è sufficiente compilare la modulistica e pagare la quota prevista, esattamente come avviene in tante altre realtà associative.
Ma per entrare occorre prima di tutto avere la giusta dose di passione, un quid indefinibile a livello di valore che però consente di allacciare rapidamente contatti con gli altri soci. Con la passione che brucia in maniera sana e positiva, il neo-consorziato è più disponibile ad aderire non solo al soggetto cumulativo ma alle iniziative proposte. Da qui, il passo verso l’impegno economico è brevissimo poiché il singolo socio s’impegna a contribuire attraverso un contratto di sponsorizzazione (per un periodo stabilito ed una cifra concordata) alle spese della società sportiva cui il consorzio stesso fa riferimento.
Fin qui, le spese. Ma i vantaggi?
Come ogni network, ampliare le conoscenze è il primo passo. Conoscere imprenditori anche di settori diversi dal proprio è una ricchezza umana e sociale, poiché permette di ampliare gli orizzonti, offre occasioni di confronto su temi comuni, provoca discussioni sane e costruttive.
Poi arrivano le occasioni di business: un consorziato può offrire alla platea degli altri soci i beni o i servizi che produce o commercia, a condizioni particolari ma con la certezza di vendere e di essere pagato – aspetti non di poco conto, in un panorama nazionale che spesso presenta storie di insolvenza o di truffa. Allo stesso modo, altri consorziati possono beneficiare della possibilità di accedere ad alcune possibilità di business a condizioni favorevoli. Insomma, l’interscambio interno è il motore che alimenta assieme alla passione la macchina di ogni consorzio.

UNIVERSO E CAST, COSÌ VICINI E COSÌ DIVERSI
Ora che la materia è resa comprensibile, illustriamo due case history (o esempi, se preferite) apparentemente vicini ed al contempo diversi, eppure in costante dialogo: UniVerso Treviso e CAST Trentino.
Si tratta di due realtà italiane in continua ascesa, accomunate dall’origine cestistica e favorite da una contiguità geografica. UniVerso nasce nel 2012 come reazione all’annunciato disimpegno del Gruppo Benetton in ambito sportivo: composto inizialmente da 16 aziende ed oggi salito oltre quota 120 per un fatturato aggregato da oltre 3 miliardi di euro, è proprietario al 100% della controllata Treviso Basket cui contribuisce annualmente con una cifra a sei zeri. CAST ha dimensioni più piccole, è parte della compagine azionaria dell’Aquila Basket Trento senza però detenerne la quota di controllo e raccoglie una quarantina di imprese al proprio interno.
Geograficamente vicini, UniVerso e CAST hanno col tempo cominciato a conoscersi, frequentarsi, scambiarsi opinioni ed esperienze. Hanno deciso di interagire quindi, superando la teorica impermeabilità del singolo consorzio per avviare una rete superiore.
E da questi dialoghi, da queste occasioni d’incontro è nata un’idea di respiro europeo.

Un’idea concretizzatasi lo scorso luglio con una visita a Bruxelles, all’Europarlamento.

UN CONSORZIO EUROPEO DEI CONSORZI?
Ospiti della parlamentare Rosanna Conte, i delegati dei due soggetti hanno illustrato il funzionamento delle rispettive realtà, le potenzialità, l’intesa raggiunta anche al di fuori del proprio ristretto territorio.
“Se il tema attuale è la polarizzazione, noi rappresentiamo l’opposto ossia la reciprocità – ha sottolineato Roberto Locatelli, presidente del CAST – Ma a noi non interessa tanto la singola sponsorizzazione, vogliamo essere presenti sul territorio, interagire, promuovere dal basso”.
“Lo stesso spirito muove UniVerso – ha chiosato Piergiorgio Paladin, presidente uscente del consorzio trevigiano – Le nostre sono realtà vicine a livello territoriale anche se differenti in alcuni aspetti, visto che il nostro Consorzio è l’unico ad avere il pieno controllo di un club professionistico. Rappresentiamo un gruppo di imprese ma ancor prima di persone appassionate. L’ho ribadito a coach Vitucci ed a Simone Giofrè, i nuovi responsabili tecnici di TvB: qui non c’è un singolo proprietario, ce ne sono a decine e se teoricamente è più difficile lavorare perché il budget è inferiore ed i margini d’errore sono più ristretti, la soddisfazione per i risultati raggiunti è infinitamente superiore”.

A Bruxelles UniVerso e CAST però non hanno solamente illustrato i rispettivi modelli di business integrato e raccontato la propria storia. Attraverso un confronto diretto con la rappresentanza italiana hanno ottenuto nuovi stimoli.
Compresa l’idea innovativa di esportare il modello consortile al di fuori tanto dei confini italiani quanto della singola disciplina sportiva: “L’Europa esiste appositamente per raccogliere idee e replicare ciò che funziona – ha commentato l’onorevole Conte – Davanti a me ho visto due esempi positivi che offrono servizi e propagandano sani valori. Sarebbe bello poter diffondere questo esempio dimostrando come esistano più modi di fare sport e business in maniera sostenibile”.

Da qui l’idea di Gian Francesco Lupattelli, presidente di ACES e del Movimento Sportivo Popolare Italia, ossia creare un organismo europeo, una sorta di “consorzio dei Consorzi”, con Treviso e Trento fondatrici e capofila.

Con il Veneto in procinto di essere Regione Europea dello Sport nel 2024 e le imminenti Olimpiadi invernali 2026, l’occasione di una vetrina internazionale per le aziende e di successive, importanti interazioni appare a portata di mano.

E se il futuro prevede la necessità di fare rete e di non restare isolati, è bene cogliere al volo ogni opportunità.

di Federico Bettuzzi