Proposte di riforma per i Piani Individuali di Risparmio (PIR): Equita, Borsa Italiana e Bocconi al Mef con soluzioni per affrontare i deflussi da 2 Miliardi di Euro

Nel documento pubblicato dalla Borsa Italiana, Equita e l’Università Bocconi emergono alcune proposte mirate alla riforma dei Piani Individuali di Risparmio (PIR), che hanno subito deflussi superiori a 2 miliardi di euro. Equita propone l’implementazione di ulteriori detrazioni e l’introduzione di nuove regole per affrontare la situazione critica dei PIR, nati nel 2017 con l’obiettivo di sostenere le piccole e medie imprese italiane.

L’emorragia di capitali dai PIR, verificatasi tra gennaio e settembre con oltre 2 miliardi di euro in uscita, è stata principalmente causata dalla scadenza dei benefici fiscali legati a tali strumenti finanziari. Questo fenomeno ha impatti significativi sulle PMI quotate sull’indice Euronext Growth Milan (Egm), dove la scarsa liquidità e la fuga dai PIR possono influenzare in modo rilevante la situazione del mercato. Con una massa gestita di quasi 18 miliardi di euro (dati Assogestioni a settembre 2023), i PIR richiedono una ristrutturazione per svolgere appieno il loro ruolo nel rilanciare il mercato italiano.

Il “Manifesto per lo Sviluppo dei Mercati dei Capitali in Italia,” elaborato da Borsa Italiana, Equita e Bocconi, e approvato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), contiene diverse proposte di riforma. Tra queste, è stata già inserita nel decreto legge Anticipi, approvato dal Senato il 7 novembre, l’eliminazione della limitazione che consentiva a ciascun investitore di possedere un solo PIR ordinario. Inoltre, il manifesto suggerisce l’adozione di nuove iniziative, ancora da definire, per evitare che gli investitori ritirino i fondi dopo cinque anni, spostandoli altrove, ad esempio in titoli di Stato.

Andrea Vismara, amministratore delegato di Equita, sottolinea la necessità di meccanismi che impediscono la fuga di capitali al termine dei cinque anni, proponendo la possibilità di ulteriori benefici fiscali. Vismara evidenzia l’importanza di coinvolgere l’industria dei gestori nell’approfondimento di tali proposte.

Per quanto riguarda i PIR alternativi, il manifesto suggerisce di allargare la base di possibili sottoscrittori, includendo persone giuridiche come holding e società. Si propone anche di introdurre agevolazioni simili a quelle riservate alle PMI innovative e di rivedere la distribuzione dei fondi. Attualmente, i PIR alternativi devono destinare almeno il 70% delle risorse alle PMI quotate al di fuori degli indici Ftse Mib e Mid, o non quotate. Tuttavia, questa distribuzione sembra non essere ottimale per il mercato italiano, caratterizzato da PMI dell’Egm con liquidità e dimensioni limitate.

Nel perseguire la riforma dei PIR, si suggerisce di prendere spunto da esperienze di altri Paesi. Nel Regno Unito, ad esempio, i venture capital trust godono di detrazioni che potrebbero essere applicate anche ai PIR alternativi italiani. Andrea Vismara chiama anche a un coinvolgimento attivo del settore privato, suggerendo che le principali banche, assicurazioni, fondazioni, fondi pensione e enti previdenziali potrebbero contribuire significativamente destinando risorse alle PMI, senza richiedere supporto finanziario dal governo. A tale proposito, il modello britannico, in cui nove tra i principali gestori di fondi pensione si sono impegnati a dedicare il 5% degli asset a società quotate sull’indice Aim UK entro il 2030, viene citato come esempio di collaborazione privata per sostenere lo sviluppo delle imprese.

di Nicoletta Bortolozzo